Ca’ De Noci

Nel piccolo paese di Puianello, nella frazione di Quattro Castella in provincia di Reggio Emilia nasce nel 1970 l’azienda Cà de Noci ad opera di Vittorio Masini.
L’azienda vitivinicola sorge nel cuore delle colline matildiche: la denominazione deriva dall’investitura nel Medioevo di Matilde di Canossa viceregina d’Italia che fece diventare la zona del reggiano un polo difensivo del regno.
Questa zona è luogo di storia vinicola anche prima delle testimonianze romane ed etrusche; la vite racconta gli avvenimenti di questi territori e delle sue eccellenze enogastronomiche da secoli.

La realtà vitivinicola collinare del reggiano sa esprimersi attraverso una grande variabilità di tessiture di suoli. Il terreno dei 5 ettari che si collocano lungo la valle del torrente Crostolo è ricco di limo, gessi, sabbie e argille che contribuiscono in modo determinante a dare corpo e carattere sensoriale ai vini.
Cà de Noci è il racconto di una famiglia per l’amore nei confronti di un’agricoltura biologica e consapevole, con un occhio sempre aperto sul mantenimento delle tradizioni: tra i vitigni autoctoni impiantati da Vittorio troviamo la Spergola e il Malbo Gentile e alcune rare varietà di Lambrusco, come il Lambrusco Montericco.

Nel 1993 subentrano i figli di Vittorio, Giovanni e Alberto Masini, che ad oggi portano avanti la tenuta con la stessa passione del padre che l’ha fondata. A partire dal 1993 le vigne vengono convertite a regime biologico, senza l’ausilio di chimica di sintesi e utilizzando in vigna solo piccole quantità di rame e zolfo ove necessario.

Sempre nel 1993 nel garage di casa Masini nasce la prima bottiglia di Metodo Classico dai grappoli di Spergola. Il lavoro in vigna e in cantina richiede un impegno continuo e un costante studio per il recupero di antichi vitigni e la salvaguardia delle uve impiantate da Vittorio.

La cura del territorio così come delle vigne permette di esprimere tutto il carattere nei vini senza solfiti aggiunti prodotti da Ca’ de Noci. Tutti i vini frizzanti dell’azienda sono rifermentati in bottiglia secondo metodi naturali, e le fermentazioni avvengono spontaneamente con solo uso di lieviti indigeni. L’anidride solforosa aggiunta è bandita e ciò permette ai vini di rappresentare ancor meglio il proprio territorio, facendosi portavoce di un modo di concepire il vino il più possibile scevro da aggiunte esterne.